Discendenti da una ricca e potente famiglia longobarda, i Birago presero nome dall’ameno borgo che in epoca medievale era diviso in Birago inferiore e Birago superiore. Nella Birago inferiore stava l’antica chiesa di Sant’Eusebio e dei Maccabei che poi fu demolita e il titolo fu aggiunto a quella di San Giorgio che stava invece nella località superiore.
La famiglia nei secoli XIV e XV era ormai molto ramificata. Alcuni stavano a Milano, altri migrarono in Piemonte e in Francia, altri ancora restarono nei contadi milanesi. In Birago restò un ramo che possedeva una struttura ben difesa, in angolo sud ovest del borgo, presso le attuali curve di Via Monte Grappa. Ivi col tempo, le strutture difensive lasciarono il posto ad una villa, nota appunto come villa Birago che purtroppo fu demolita negli anni Settanta del secolo scorso. In essa c’erano decori e medaglioni di un certo pregio, finiti chissà dove.
Nel 1392 era morto a Birago il signor Lantelmo de Birago, ma i figli, il prete Tommaso abitante in Cantù e il protonotaio Mafeo abitante a Birago, non riuscivano ad accordarsi circa la divisione del patrimonio immobiliare ricevuto in eredità. Lasciata tutta la mobilia in usufrutto alla madre Francesca, per dividere il resto del patrimonio decisero di rivolgersi all’esperto Giovanni de Subinago, pure abitante in Cantù, ma soprattutto discreto e sapiente, sottolinea Giuseppe Longhi nell’edizioni degli atti notarili di Cherubino Tanzi. Testimoni dell’arbitrato furono eletti Oldone e Antonio detto Bayus del fu signor Ambrogio Birago, Giacomo detto Zuca del fu Filippo Birago, tutti abitanti in Cantù.
Due atti descrivono i citati beni, in particolare la porzione del palazzo dei Birago che la consorteria aveva a suo tempo assegnato a Lantelmo; le altre parti degli edifici restavano di proprietà dei consorti Luchino, Ambrogio a est, degli eredi di Spinolo a sud, infine, a ovest stava la piazza di Birago. A Mefeo fu assegnata, entrando dal portone, la parte sinistra, dove c’era un salone dotato di grande camino, con sopra una camera, a lato la torre colombaia con sopra un solaio, nonché una cantina e una stalla che però si trovavano a destra dell’ingresso, infine, gli fu assegnata la metà della corte, del portico e della loggia poste verso l’ingresso; l’altra metà del palazzo fu assegnata al prete Tommaso. Al prete fu assegnato anche tutto il giardino della casa ad Ortum Porte Locci, ricco di alberi da frutta e confinante con l’ingresso e il fossato del villaggio.
Dalla divisione delle terre coltivate, poco più di cento pertiche, veniamo a conoscenza dei toponimi biraghesi: ad Cantonum, ad strata Cumuna, ad Sgenam, in Valle, ad Albarinam, ad Boschonum (terra confinante con un fiumicello) e infine, ad Pasquarium, luogo dove stavano 10 pertiche di vigna. Dalla divisione restarono escluse le terre a brughiera e bosco non esplicitamente citate, una parte delle quali ricordate col toponimo a San Giovanni.
Altri del consortile Birago sono citati quali proprietari di terre confinanti con quelle dei due fratelli: Lancellotto, Defendente, Guidotto, Polonio, Ambrogio, Giorgio, Luchino, Protasio, Giovanni (Zano), Apollonia, Muzio o Giuseppe e Panzarotto. Mentre tra i possidenti estranei alla famiglia troviamo: il signor Galeazzo Porro del fu Stefano e il presbitero Lorenzo Porro, ma più defilati, verso il confine con Camnago.
Infine, l’antico toponimo ad comunanziam, riferito a una brughiera e l’esistenza di beni del “comune di Birago”, confermano il funzionamento di un ente locale autonomo, seppur con ridotta rilevanza.