Di Elena Cazzaniga
LE ORIGINI DELLA TENUTA
In antichità si ha notizia che il fondo facesse parte dei dominii di caccia dei conti Biraghi Porro, parte a brughiera, parte a bosco alto, come per altro tutto il territorio ferrettizzato dell’attuale parco delle Groane.
LA SVOLTA DEI GERBINO
Nella seconda metà dell’800 il fondo (assai più esteso dell’attuale) passò in proprietà a un certo A. Gerbino. Risulterebbe che egli fosse un ufficiale dell’Esercito in congedo, persona di grande umanità e di origine ebraica.
Il nome di questo Gerbino potrebbe iniziare per A come scritto sulla carta di confezione del suo prodotto “pane al miele”, mentre Filippo, che dà il nome all’omonima via di Birago, è il figlio, morto aviatore nella Grande Guerra.
Gerbino, poiché grande appassionato, realizza al centro della tenuta un giardino botanico piantumando una grande quantità di cedri del Libano.
Da qui prende il nome nel tempo “La Botanica”, nome che conserva tuttora.
Solo in seguito si costruisce la casa d’abitazione, sostanzialmente come è ora. Una villa eclettica tipica della fine ‘800, con evocazioni stilistiche diverse, poco locali, forse un pizzico mitteleuropee. Il tetto a cappuccina, i soffitti alti 3 metri, gli scaloni lignei, la cappa del camino in rame, la presenza di un bagno per ciascuna camera da letto padronale, le stanze comunicanti tra loro e disimpegnate da un corridoio, il piano della servitù non nell’ammezzato ma spostato all’ultimo piano, rendono la villa un mix avanguardista tra l’architettura della Brianza e delle case di campagna inglesi. Gerbino inoltre si occupa anche della realizzazione di subirrigazioni e cisterne per il recupero dell’acqua piovana.
Gerbino è sicuramente un uomo di grande ingegno e di vedute moderne. Investe nella creazione di un apiario che lui dice essere fra i più grandi del tempo, forte della presenza già rigogliosa di estesi boschi di acacia. Con il miele d’acacia inventa una ricetta e avvia la produzione del pane di miele, che viene riconosciuto per le ottime doti terapeutiche nei confronti dei malati di petto (da non trascurare la vicina presenza del Sanatorio antitubercolare di Milano a Garbagnate). Costruisce in sito, una fabbrica per la produzione industriale di questo pane. La famiglia Cazzaniga conserva oggi un involto originario, dove l’azienda viene denominata “A.Gerbino” e si vedono i fabbricati sostanzialmente non dissimili da quelli che si osservano oggi. La lunga stecca era la fabbrica di confezione del pane e vi erano quattro forni, riconoscibili in altrettante torrette poste sul lato orientale dello stabile.
Gerbino aveva molti lavoranti locali, aveva aperto un proprio negozio di vendita in via Torino, 48 a Milano ed era fornitore della Real Casa.
L’uomo era ben visto in paese e sapeva farsi benvolere, donando tutti i giorni ai bambini del villaggio che si presentavano alla fabbrica una pagnotta per la refezione. Pare con effetti benefici sulla salute dei piccini, come racconta la carta. La carta che avvolgeva il pane di miele è una sorta di carta qualità, che racconta i benefici del pane ed è la testimonianza storica della tenuta.
DA GERBINO AI SOZZANI
Come detto precedentemente, il figlio del Gerbino, aviatore, muore in guerra. Il Gerbino vende la proprietà; la fabbrica del pane al miele prosegue sino al 1930-35. Con la scoperta dei sulfamidici prima e degli antibiotici poi, il pane di miele si avvia al declino perché non più utilizzato per i “malati di petto”.
La tenuta attraversa diversi passaggi di proprietà.
Viene acquistata dal Marchese Casati e venduta successivamente alla famiglia Sbarufatti.
Sbarufatti Ernesto Marco nato nel 1878 è un allevatore di cavalli, piuttosto esuberante, talmente libertino da girare con una carrozza a sei, appannaggio esclusivo del Re Savoia e per questo più volte multato. Compra la Botanica prima del 1923 e lo stesso anno nasce la figlia Ada nella camera celeste della Villa Botanica.
In seguito subentra la famiglia Sozzani. Secondo le testimonianze raccolte nel tempo, e in particolare dalla Sig.ra Fumeo, vicina di casa e titolare di un’azienda di cravatte, dal custode Giovannino e dal fattore di casa Antonio, i Sozzani erano anche loro ebrei e banchieri di professione, sfollati da Milano durante la Seconda Guerra Mondiale.
A quell’epoca risalirebbero molte ristrutturazioni dell’azienda e l’avvio della bonifica agraria, nonché, fatto fondamentale in questo racconto, la costruzione di imponenti gallerie sotterranee, il cui sviluppo è in parte noto alla proprietà attuale, per averle percorse e poi sigillate per prudenza, e in parte da indagare nel loro sviluppo. Sono attualmente in corso degli accertamenti geologici per ricostruire il percorso completo del sotterraneo. Si tratta di condotte grandi abbastanza per il transito di cavalcature (vi sono ancora anelli per legare i cavalli), in muratura e volta in mattoni. La loro costruzione potrebbe essere avvenuta con scavo e reinterro, stante che in un tratto noto sono risultate sovracoperte da un vespaio in cocci di mattoni e poi terra di coltivo. Collegavano la villa allo stabilimento e alla casa del fattore e pare vi fossero estensioni fino all’estremo sud della tenuta, verso Cogliate e ad oriente verso Birago.
Si dice fossero vie di fuga da ipotetici nemici.
Ad oggi, non si ha certezza della data di costruzione dei sotterranei.
Furono costruite dai Sozzani o dal Gerbino?
La Signora Fumeo e il fattore ricordavano che i Sozzani nascosero nelle gallerie del sotterraneo molti rifugiati, familiari e non. E’ ricordato in particolare un episodio di soldati americani paracadutati in azienda che rimasero nascosti nelle citate gallerie per poi essere trasbordati verso il confine svizzero, nascosti in carrozze d’epoca, durante una festa organizzata ad arte, affinché i repubblichini non le fermassero ai numerosi posti di blocco disposti lungo la frontiera.
Sui numeri delle persone salvate dalla persecuzione nazista vi sono discordanze e appaiono verosimilmente, c’è chi dice 150, ma è da verificare.
SANTE CAZZANIGA E PIERA FOLLI
Cambiano i tempi e le persone. Nel corso degli anni mio papà Santino Cazzaniga subentra nella gestione della Tenuta.
Santino si laurea in veterinaria nel 1945 e parte per 3 mesi a visitare l’America, per scoprire i suoi allevamenti avanguardisti. Di ritorno, si ferma un mese nel Nord Europa per poi tornare a Chiaravalle, nella cascina Tecchione. Dall’America, importa 80 manze indenni da patogeni ed inizia il risanamento di tutta la mandria esistente, portando la cascina ad essere la prima stalla in Lombardia indenne da TBC. Le sfide sono sempre state la sua filosofia di vita, e La Botanica è così diventata l’azienda zootecnica di riferimento, in prima linea per genetica, produzione di Latte Alta Qualità e sanità animale. La sua colazione mattutina era una fetta di pane e una tazza di latte, e per questo motivo il latte che produceva doveva essere sano e buono.
Era un veterinario, un grande papà forte e comprensivo, dolce e generoso. Ci diceva: “Siamo agricoltori da sempre, facciamo gli agricoltori in una zona in cui l’agricoltura è quasi scomparsa, ma l’entusiasmo non deve mai diminuire e la sfida essere sempre aperta. La terra va amata e rispettata.”
Ci piace ricordarlo l’agricoltore più giovane, sempre curioso, entusiasta ed instancabile, ma anche l’agricoltore più anziano, per la rettitudine morale e la saggezza di tutta una vita. Ha dedicato tutto il suo tempo alle sue vacche, le chiamava le “sue signore”. Con l’anima di un adolescente, i suoi anni erano solo un dato anagrafico. Ci ha insegnato a rispettare e ad amare la Sua azienda agricola, ad avere con lei molta pazienza, accompagnandola sempre. Ha amato il suo lavoro, ma soprattutto noi, in modo sempre speciale.