L’origine delle due ville, Merelli ora Valdettaro e Bussola oggi Franchini, fu probabilmente la stessa. Nel Settecento un grosso compendio immobiliare apparteneva ad un ramo dei Porro, dai quali passò in buona parte all’impresario teatrale Bartolomeo Merelli e in piccola parte al barone Ferdinando Porro.
Villa Valdettaro insiste sull’ultimo lembo del pianalto di Lentate, dominando il declivio della collina che scende nella valle del torrente Seveso. Dell’originaria struttura poco è noto, certo è che Bartolomeo Merelli fece ricostruzioni e ampliamenti tanto da regalare alla vista dei suoi contemporanei un imponente edificio con le sembianze di castello. Un’alta torre si stagliava ancora nel panorama lentatese ai primi del Novecento, ma poi crollò, forse per il peso della struttura. Ricca di collezioni e decorazioni, la villa ospitò numerose personalità del tempo e quasi certamente anche la regina Elena, in visita a Lentate con la regina madre Margherita di Savoia, venute a Lentate per visitare l’oratorio di Santo Stefano e incontrare il generale Thaon de Revel.
Nel 1825 a levante della chiesa dedicata ai santi Cosma e Damiano stava il giardino del barone Ferdinando Porro che ivi possedeva una piccola, ma ricca dimora. Il 5.12.1869 il beneficio ecclesiastico diventò proprietà dell’Avv. Antonio Angeloni. Quest’ultimo il 16.1.1874 vendette il compendio immobiliare a G. Giacomo Puricelli Guerra che era anche divenuto proprietario dell’attigua villa (ora Franchini). Il 2.6.1883 la proprietà passò a Leopoldina Bussola Simonetta, poi al marito Emmanuele e al figlio Luigi, infine, appunto ai signori Franchini.
Ma chi fu il barone Ferdinando Porro di cui si è fatto cenno?
Ferdinando Porro di Lentate, appartenente a un ramo minore della famiglia, fu commissario di Polizia a Mantova durante l’assedio del 1799, poi viceprefetto a Menaggio, segretario generale del dipartimento dell’Adige e prefetto a Padova. Fu quindi creato barone e decorato della corona ferrea da Napoleone Bonaparte. In una sua lettera del 26 dicembre 1822, datata da Lentate, scriveva al Volta, manifestando il desiderio “di erigere un monumento al grand’Uomo” (cioè ad Antonio Canova, ndr), da poco scomparso. Altre notizie di lui, quando saranno messe in ordine, ci permetteranno anche di far luce sulla storia di un angolo di Lentate un po’ misterioso e poco accessibile, ma sicuramente affascinante.